“HAPPY TROPIC – MOLISE TROPICO FELICE” IN PRIMA ASSOLUTA A BOLOGNA

Tra gli eventi speciali della 19a edizione di Biografilm Festival, che si sta svolgendo a Bologna fino al 19 giugno. Il film Molise Tropico Felice, opera prima di Luigi Grispello, evento speciale in anteprima mondiale, è tra i titoli del festival che parlano di “Comunità oltre l’utopia”.

Al centro del film quattro comuni molisani tra le province di Isernia e Campobasso: Lucito, Portocannone, Roccamandolfi e Civitacampomarano, quattro stili di vita, quattro tribù diverse che popolano questi borghi. Una piccola regione d’Italia, che, come sostengono molti, non esiste. In effetti, “il Molise non esiste, resiste”.Lévi-Strauss, uno dei più grandi antropologi di sempre, parlava di Tristi Tropici, che stavano ardendo con l’arrivo della cultura occidentale. La gioia innata di quelle popolazioni, il loro rapporto di sintonia con la natura stava svanendo. I tropici non hanno resistito all’urto della cultura occidentale. Questa regione, invece, silenziosamente si è nascosta nell’occhio del ciclone e ha resistito.

Il Molise è la terra da cui vengono i miei nonni materni – dice il regista Luigi Grispello – Una terra che mi ha sempre incuriosito, fin da bambino. Ascoltare tutti quei racconti di vecchietti che morivano dalle risate a ritirare fuori ricordi belli e polverosi. Mia nonna e le sue amiche passare le nottate a giocare a burraco, per poi presentarsi all’alba al bar a fare colazione. Io osservavo e i miei occhi riprendevano. Mi ha ospitato tante altre volte da scout. Letteralmente ospitato. Più volte mi è capitato di girare questa strana regione e sono sempre stato accolto da tutti con un’estrema facilità e bontà. Solo una volta, dopo aver bussato alla porta di un signore, questi ci aprì puntandoci una lupara in faccia. I molisani sono ospitali, ma quando non lo sono, te lo fanno capire subito e a modo loro. In Molise ho conosciuto tante umanità diverse. Ma soprattutto ho sempre conosciuto Umanità. Un’umanità differente, atemporale, quasi ancestrale. Come i suoi paesaggi: incontaminati, nascosti, sorprendenti! Questo documentario – continua il regista – nasce prima come soggetto narrativo, ma poi mi sono reso conto che è un mondo in cui i personaggi superano la fantasia, in cui la realtà non solo non è scadente, ma è anche utopica. Utopica, come dovrebbe essere l’arte, che però in questi tempi bui non riesce a mostrare più una luce in fondo al tunnel, ma sempre il buio che ci circonda. Ma quella parte fiabesca è stata enfatizzata, così da far sfumare la linea che divide realtà e finzione. Per questo tutte e quattro le narrazioni hanno al loro interno degli elementi surreali, fiabeschi… di finzione?”.